Dalla terapia con le famiglie di un autore a me caro riporto le principali conclusioni del lavoro terapeutico.
Dal momento che concordiamo sull’unicità di ciascuna famiglia, in qualunque colloquio familiare l’esplorazione delle idiosincrasie inevitabilmente dovrà misurarsi con il personale senso delle norme culturali del terapeuta ( “setting”).
Partiamo quindi dal presupposto che noi, in quanto terapeuti, siamo prevenuti e che chiunque si proclami immune da preconcetti si stia semplicemente mostrando cieco nei confronti della natura stessa della psicoterapia. Un punto di vista nevralgico, poiché i nostri esempi coprono un’ampia gamma di etnie e culture. La nostra ricerca non mira a trovare una panacea per tutti i problemi familiari, ma semplicemente a sfidare l’impotenza delle famiglie che si rivolgono a noi per un aiuto. Se i membri di una famiglia soffrono perché intrappolati in una struttura rigida, l’uso di sé da parte del terapeuta inevitabilmente implica una prospettiva unica sul cambiamento da operare.
Benchè ogni incontro abbia lasciato il segno, noi restiamo fedeli alla scienza delle relazioni, secondo cui l’esperienza umana coinvolge sempre più di una persona, e la chiave per la felicità sta nella nostra abilità di liberarci dalle limitazioni di schemi mentali relazionali problematici. Alla fine, quel che realmente conta è il rapporto tra le persone che condividono lo stesso viaggio !